Scritto e editato pochi giorni prima del referendum inglese sulla Brexit (23 Giugno 2016), l’ultimo libro di Giulio Tremonti: “Mundus Furiosus” (Ed.Mondadori), costituisce uno strumento quanto mai utile ad avviare un confronto politico degno di una politica alta, distinta e distante da quel piccolo cabotaggio cui ci ha costretti l’ultima fase iniziata con il “golpe blanco” di Napolitano del novembre 2011.
Tremonti, dopo la sua ampia produzione pubblicistica (“Il fantasma della povertà” del 1995, “Rischi fatali” del 2005, “La Paura e la speranza” del 2008, “Uscita di sicurezza” del dicembre 2012 e “Bugie verità” del 2014) con quest’ultima opera svolge un’analisi rigorosa e impietosa sull’attuale condizione di crisi istituzionale in cui si ritrova l’Europa. Una crisi istituzionale che è si accompagna ad una concomitante crisi economica, finanziaria e sociale, generatrice di una “ribellione” diffusa tra i popoli europei che, se non trovasse risposte politiche e istituzionali adeguate, potrebbe determinarne la sua stessa fine.
Nel sottotitolo del libro, tuttavia, come nella sua conclusione finale, è sottintesa una possibilità di uscita positiva, con “il riscatto degli Stati e la fine della lunga incertezza”. La proposta innovativa su cui vale la pena di avviare un costruttivo confronto è quella di impegnarci per concorrere alla costruzione della “Confederazione degli Stati Uniti d’ Europa”, in alternativa a quel “Leviatano” tecno burocratico attuale, lontano mille miglia dagli ideali e dagli scopi originari che furono alla base del Trattato europeo.
In un tempo della politica, come quella italiana, caratterizzata dal dominante trasformismo parlamentare, che riduce il confronto alle transumanze continue di uomini e schieramenti, con movimenti, confronti e azioni politiche interne e autoreferenziali della “casta politica”, del tutto distante, esterna ed estranea alla realtà di un popolo sempre più lontano dalla politica (oltre il 50% ormai di disaffezione e renitenza al voto) e in preda “ al fantasma della povertà”, la proposta politica tremontiana è un’autentica boccata di ossigeno. Essa, finalmente, permette di discutere di alcune questioni decisive della nostra attuale condizione italiana, europea e mondiale, elevando la politica al ruolo alto che le compete, quale strumento di mediazione tra interessi e valori alla ricerca del bene comune.
È importante ripartire dal tema dell’Europa che, secondo Tremonti, “accettando passivamente i termini della più estrema altrui modernità, nella sua conseguente decadenza sta diventando l’Anciene Régime di se stessa”, tanto da dissolvere il suo vecchio “Liberté, Égalité, Fraternité” nella “dissolvente canzone della globalità, del mercato, della moneta: “ Globalité, Marché, Monnaie”.
Sono analizzate le cause essenziali che stanno alla base dell’attuale situazione europea: la migrazione delle masse, con “il fantasma della povertà che, evocato dal colonialismo sta tornando in Occidente, cominciando lentamente a muoversi da sud verso nord; la degenerazione della finanza che, con la rivoluzione digitale e la globalizzazione rappresenta una svolta epocale della storia contemporanea, con effetti politici disastrosi. Non solo assistiamo al capovolgimento dei principi del NOMA (Non Overlapping Magisteria, con la politica che dettava i fini, l’economia che forniva gli strumenti e l’etica i valori) e la supremazia e dominio della finanza che detta i fini e subordina ad essi l’economia reale e la politica, sino a ridurre a un ectoplasma la stessa democrazia. A seguire, il fronte delle guerre coloniali ( o “ la terza guerra mondiale”), parafrasando la tesi di Papa Francesco secondo cui: “ siamo entrati nella terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti….in realtà non è a pezzetti: è proprio una guerra”. Infine un’analisi spietata e rigorosa sulla crisi generale dell’Europa, conseguente a cinque fenomeni assai ben descritti: l’allargamento, la globalizzazione, l’euro, la crisi, l’evoluzione assolutistica dell’Europa, con la sua trasformazione politica da dinosauro in “Leviatano”.
Assolutamente innovativa e approfondita la descrizione di come sia potuto avvenire il passaggio dai fini originari condivisi nel “Trattato” e il lento progressivo incremento di potere da parte della tecnocrazia comunitaria, capace di utilizzare al meglio il groviglio di competenze e funzioni tra quelle riservate agli Stati, quelle devolute dagli Stati all’Unione in forma esclusiva e quelle cosiddette “concorrenti” tra gli stessi Stati e l’Unione. Di fatto, denuncia Tremonti, “L’Unione ha operato in modo diverso rispetto a quanto indicato nel “Trattato”, lo ha “disapplicato, ovvero trasformato e ridotto quasi a zero i fondamentali principi delle competenze concorrenti, della sussidiarietà e della proporzionalità. Ed è proprio così, conclude il Nostro, che “ha potuto estendere a dismisura il suo potere”.
Un’Europa che, anziché entrare e fare i conti con la globalizzazione, ne subisce l’impatto: lacci e lacciuoli al limite della stupidità, con decine di migliaia di provvedimenti sfornati annualmente sulle cose meno importanti, sino a giungere a una condizione nella quale non esiste più altra alternativa se non quella di “tendere al minimo grado possibile di regolamentazione e al massimo grado possibile di semplicità”. Ciò comporterà la necessità di combattere per svegliare i “sonnambuli” che guidano la governance di Bruxelles, sostanzialmente in assoluta e irresponsabile autonomia, mentre assistiamo alla “dis-Unione europea, ossia al fallimento dell’Europa machiavellica e tecnocratica, post- politica e de-democratica”.
Siamo così progressivamente giunti a una condizione nella quale “il deficit democratico è stato ottenuto, ma non si può dire altrettanto per i connessi e promessi benefici compensativi. La sempre più massiccia presenza della “tecnocrazia”, infine, e soprattutto della tecnocrazia finanziaria, non è infatti riuscita a compensare con altro l’assenza né della sovranità, né della democrazia”.
A poche settimane o giorni dal voto inglese sulla Brexit, Tremonti ha buon gioco nel prevedere che comunque fosse andato quel voto, le cose in Europa non sarebbero più state come prima.
Non consoliamoci per ciò che è intervenuto dopo il voto inglese dell’uscita dall’Unione, con il voto olandese prima (15 Marzo 2017) e la vittoria di Macron sulla Le Pen in Francia poi (18 Giugno 2017). Il distacco tra i popoli dell’Europa e un’istituzione onnivora e priva di una legittimazione democratica condivisa dal basso, rimane e si consolida, tenendo sempre presente il principio che risulta impossibile mantenere il dovere della “taxation” “without representation”. Il deficit di potere democratico in Europa ha permesso il trionfo, alla fine potenzialmente suicida, del “Leviatano” tecnocratico, e, di fatto, il dominio e lo strapotere della finanza.
Di qui la via di uscita indicata da Tremonti: aumento degli spazi di libertà ponendo stop alla legislazione europea e, soprattutto “Rule of Law”, con lo stop allo strapotere della finanza.
Qui siamo stati favorevolmente colpiti, costatando l’assoluta convergenza nell’analisi tremontiana sulla necessità di ritornare alla regola per cui le banche che raccolgono il pubblico risparmio non lo possono più impiegare in operazioni bancarie speculative.
Come dice il Nostro: “è arrivato il tempo di mettere di nuovo lo Stato sopra la finanza e la finanza sotto lo Stato. E non l’opposto come è ora”.
Insomma, come anche noi andiamo sostenendo da tempo: ripristino a livello internazionale del Glass-Steagall Act del 1933, con gli opportuni adattamenti temporali, e, per noi italiani: ritorno, con i dovuti adeguamenti, alla Legge bancaria del 1936, superando il famigerato e irresponsabile Decreto legislativo Amato,n.481 del 14 Dicembre 1992, per re-introdurre la separazione tra banche per il credito e banche d’affari, considerando che è stata accertata la condizione di assoluta dipendenza del nostro sistema bancario, come quello di quasi tutti i rimanenti sistemi bancari europei, allo strapotere di una decina di edge fund anglo caucasici e nord americani, i veri burattinai della finanza e della stessa politica interna e internazionale.
In secundis: “riportare i contratti cosiddetti “derivati” alla loro originaria funzione assicurativa e non speculativa”.
Per far ciò servirebbe una classe dirigente all’altezza del compito, quale oggi è assai difficile intravedere nel triste panorama politico nazionale ed europeo. Servirà, come dice Tremonti, “usare il diavolo che sta nei dettagli”, con ministri e loro incaricati, non solo in grado di parlare le lingue ufficiali europee, ma di partecipare senza la fretta del rientro a casa, alle riunioni dell’International Accounting Standard Board, quello in cui si decidono le questioni più importanti della politica europea, utilizzando al massimo le opportunità di cambiare le consuete regole del gioco. Anziché “battere i pugni sul tavolo”, esercizio muscolare più che cerebrale, servirebbe studiare meglio gli ordini del giorno e le possibilità offerte; appunto cercando di utilizzare “il diavolo che sta nei dettagli”.
La proposta finale che Giulio Tremonti indica nel suo bel libro, è l’idea di avviare una grande campagna politica dal basso per puntare a superare l’attuale assurda costruzione dell’Unione, puntando a realizzare quella “formula vecchissima, e tuttavia per l’Europa nuovissima, della “Confederazione” degli Stati uniti d’Europa.
Per noi Popolari e democristiani non pentiti, legittimi eredi dei grandi DC padri fondatori dell’Europa (Adenauer, De Gasperi, Schuman), questo invito all’impegno politico ci entusiasma e vorremmo poter concorrere insieme a uomini e donne preparati e lucidamente determinati come Giulio Tremonti, che ringraziamo per il suo ultimo libro, che consigliamo a tutti gli amanti della democrazia e di un’Europa finalmente madre e non più matrigna.
Ettore Bonalberti
Venezia, 11 Agosto 2017